Le celebrazioni per l’anniversario del poeta sono per la comunità nazionale, per il grande pubblico, per la cultura tutta una straordinaria occasione di riflessione sul ruolo della lingua, e in particolare della poesia nella tradizione del nostro popolo
E se di poesia si tratta, se tanti pur furono i poeti, se Montale ebbe a dire che quella di Dante, la Commedia, fu “ l’ultimo miracolo della poesia mondiale”, “un dono” , forse possiamo chiederci le ragioni per cui più il mondo dantesco si allontana da noi , più s’accresce “la nostra volontà di conoscerlo e farlo conoscere a chi è più cieco di noi”.
L’insegnamento della Lingua e Letteratura italiana “celebra” nel nostro ordinamento, ogni anno, la poesia di Dante, offrendola a schiere di studenti, nel tempo della scuola, come proposta di un viaggio, attraverso la parola che si fa malinconia, gioia, desiderio, rimpianto, invettiva, contemplazione, capace di dare “forza corporea” , come dice Calvino , “ anche alla più astratta contemplazione intellettuale.
Ma la grande ricorrenza per questi settecento anni ci fa riscoprire che il tempo di Dante non è solo quello della scuola, e che il viaggio non è solo quello della poesia: l’arte conosce solo un tempo, il presente. E l’universalità del viaggio di Dante è la cifra della sua contemporaneità.
Così può accadere che la Divina Commedia venga messa “in vita”, nel 2018, in uno slum di Nairobi, Kibera, con 150 bambini e adolescenti , reiventando il capolavoro dantesco in lingua inglese e swahili.
Con questo rimando all’opera del regista Marco Martinelli delle Teatro delle Albe di Ravenna anche noi, docenti e studenti dell’Istituto Russell-Fontana, rendiamo omaggio omaggio a colui che scrisse “…l poema sacro/ al quale ha posto mano e cielo e terra”.